Non parlare solo di Dio, ma parla a Dio

[9 Aprile]
Meditazione di John Piper

“Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me.” (Salmo 23:4)


La forma di questo salmo è istruttiva.

Nei primi tre versetti Davide si riferisce a Dio in terza persona:

Il Signore è il mio pastore…
Egli mi fa riposare…
mi guida…
Egli mi ristora l’anima.

Poi, nei versetti 4 e 5 Davide si riferisce a Dio in seconda persona:

Io non temerei alcun male, perché tu sei con me;
il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.
Per me tu imbandisci la tavola…
cospargi di olio il mio capo.

Poi al versetto 6 Davide ritorna alla terza persona:

Io abiterò nella casa del Signore per lunghi giorni.

La lezione che ho imparato da questo salmo è che è buono non parlare troppo di Dio senza parlare a Dio.

Ogni credente è almeno un teologo amatoriale – ovvero, una persona che cerca di capire chi Dio è e come agisce e che cerca di esprimerlo con le sue parole. Se non siamo dei piccoli teologi, allora non diremmo niente su Dio gli uni agli altri e saremmo davvero di pochissimo aiuto alla fede reciproca.

Ma ciò che ho imparato da Davide nel Salmo 23 e anche in altri salmi è che dovrei intrecciare la mia teologia con la preghiera. Dovrei interrompere il mio parlare su Dio con il parlare a Dio.

Per esempio, alla frase teologica “Dio è generoso”, dovrebbe far seguito il mio ringraziamento in preghiera “Grazie, mio Signore”.

Dopo aver detto “Dio è glorioso”, dovrei dire “Adoro la tua gloria.”

Ciò che ho notato è che dovrebbe avvenire così, se percepiamo la realtà di Dio nei nostri cuori, oltre a saperla descrivere con le nostre menti.